Il tempo
Il tempo ha oramai
sparecchiato la mia
tavola, chi piglierà
la spoglia e tesserà
la mia nuova tovaglia?
Sarà di bianco di fiandra
o nera e setosa mantiglia?
Paola Tassinari alias Teoderica
Con ordine e senza ossesso
In fretta impazzisce
chi diventa schiavo
dell’eccesso e del disordine
se il poeta dice che muore
chi è schiavo dell’abitudine
chi è preda e non domina
il disuso e il caos caso
sarà la vittima di sé stesso
perché vi è un tempo per la notte
e uno per il giorno
e occorre la misura della normalità
per misurare gli angoli
sia acuti che ottusi
la norma che regola
con cui guiderai te stesso
con ordine e senza ossesso
Paola Tassinari alias Teoderica
Eh già…
Eh già… tu la canti facile
ti è andata bene, tu dici
che tutto va, che sei qua.
Anche io sono ancora qua,
vaccinata e fantasiosa, col
tuo nero cappellino in testa.
Me l’ha regalato Federico che
è fuggito dal carcere, per farsi,
ha rischiato e osato per te.
Osso o fosso fa lo stesso. Tu
dici al diavolo non si vende si
regala… eppure io ho regalato,
ho regalato cuore, anima, corpo
e anche denaro sai, eppure lui non se
ne va, è lui che è ancora qua, eh già…
Paola Tassinari alias Teoderica
Ande dri a e’ carèt
Giorni di ansia, con tanti cerini
accesi nel sangue che frigge
e gira veloce attizzando ventoso
i miei elettrici e spiritosi neuroni
affollandomi di corrispondenze.
Perdona il povero pazzo poeta
un po’ deve pure giocare per non
impazzire col differenziale di potenziale
così Baudelaire mi diventa bau de l’aire
il cane che abbaia al vento per arrivare
a Duchamp e l’air de Paris per passare
al vento dylaniato, ma ande dri a e’ carèt
Che faceva il poeta maledetto ebbro di vino,
di poesia o di virtù? Che facevan tutti e tre?
Le civette sul comò? No, no, no, no skàndalon,
facevano. Inciampavano, chi sulle parole come sui ciottoli,
chi sulla madre o sul mutare, chi davanti al Santo cantando Knockin’ on Heaven’s door.
Se qualcuno vuol venire dietro a me, troverà la pietra che fa inciampare, se qualcuno vuol venire…
Adesso che invecchio
Adesso che invecchio e m’avvicino
ad essere saggia o forse mi sbaglio
e continuo e manipolo col solito
gioco, indorando col riso il dolore
e facendo lo struzzo. M’invento e
fingo di essere assente, mentre
svoltolo il settimo sigillo, altro
che piena di senno, son farisea
e zelota, nel pestare e tritare con
spirito vitale lo zero del nulla, che
qualsiasi numero elevato a zero
fa Uno. E chi è quell’Uno? Ecco
io non lo so, ci credo, non so se
per indole alle fole, però l’ho colto
e me lo tengo stretto. Adesso che
invecchio, perdono e assolvo la
capra e la pecora nera, ossia chi
sbaglia per amore o per odio, chi
si mette in gioco e paga con strazio
e tormento, ma non reggo più, sì
non reggo più, chi segue per moda,
per noia, per stare nel gruppo del club
esclusivo, il chiasso del turpe e del vizio
che porta all’abominio nell’indifferenza.
Satolli di Bacco e baldracco o forse
gli occhi coperti dal nero colbacco
confusi e scordati, che ogni numero
diviso per zero va all’infinto, mentre se
elevato in potenza si risolve nell’Uno.
Paola Tassinari alias teoderica
A Gentile
E io che amo le parole e le
audaci scelte del pensiero
cortese, dal cor mi prende
ricordar il Gentile e un fior
voglio donare. E se tu non
sai cosa voglio dire, taci.
Non sai di ciò che scrivo,
se di uccellini o uccellacci
se di usignoli o sparvieri, taci,
che il rimar se mostra l’ugne
lo fa senza asso, tasso o lucro,
il poeta lo sa che passerà per
folle o per somaro, ma sa che
dopo l’inferno vengon le rose
sa che gli eroi di carta seguono
e vanno col vento della fortuna
Paola Tassinari alias Teoderica
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