L’urlo silenzioso degli avi

C’è chi narra, che un tempo ormai lontano,

l’etrusco si incontrò col vichingo

sulla radice e la variante

del var e dell’ambra varva.

Ravenna, Rasna, Russia

etrusco, vichingo, diverso,

differente, insolito mistero,

modo di pensare il mondo.

Rematori di mari freddi e tempestosi

s’incontrarono coi mediterranei naviganti,

sulla radice e la variante

del var e dell’ambra varva.

Il mio spirito è così, uno

scontro tra freddo e caldo,

un angelo sterminatore armato

di versi, per gli schiocchi uomini

del vero senza dubbio, architetti che

copiano il Primo senza averne il disegno,

generando le sofferenze di nuove croci.

Le mie e le tue, mio caro e diverso,

russo o rasna fa lo stesso, tanto

resta la croce su quelli come noi,

che oppressi e pervasi da aspre scosse

sentiamo l’ansare della pelle del mondo.

Il nostro e intenso dolore, dove

ognuno sta solo nel folle credere

di mondare e sbucciare l’arcano,

ascoltando l’urlo silenzioso degli avi.

Ma infine trovatori di luce: l’indice sistino

nell’elettrico incontro con Dio e scopriamo la via.

Paola Tassinari alias Teoderica

Le ginestre

Le ginestre

La prima volta che le vidi

stordita di intenso profumo

di vento, di sole, di altezze

capii che erano loro, il passero

la siepe, il sabato, le illusioni

infrante, sì belle e gialle e tristi nuvole,

come il tempo che scorre e si perde.

Dove sei tu ora, cuore solitario e assetato

d’infinito, che non hai colto, perché l’hai reso terreno?

Tu lo avevi e lo sentivi dentro e l’hai cercato nonostante la

tua filosofale e bella mente ti dicesse, non c’è nulla di sensato

se non un motore partito che continua nel suo moto remoto.

Ma tu dentro ce lo avevi l’infinito, la luce, l’amore e anelavi

e cercavi fuori ciò che era dentro, dovevi amarti

col tuo infinito amore che è quello di Dio, dentro lo avevi.

Chi t’ha dato fratellanza non t’amava, era per scopo e tu

lo sapevi e ti ingozzavi di confetti e di gelati e la tua testa

s’è preso il Ranieri per la scienza, che superba e sciocca

s’adongia con le lonze. E le tue debolezze? Sempre

il Ranieri le ha messe in piazza, antesignano

dei fratelli e delle marie odierne che s’abbuffano

e si snudano non di vesti ma di santificati vizi.

Chi ha questo amore divino medita e s’arrovella

sui sensi onesti e giusti, sulla pietade, or ti dico che

la tua umana eroica fratellanza, che credevi possibile

puff puff, svanita, perciò anche il motore remoto che

gli illuministi han messo in moto puff puff, può svanire

nelle tenebre e le fole antiche tornare a illuminare il cuore.

Le genti non son come la tua ginestra, fan questo e

quello così tanto per fare oppure son forti e belve

in vita come la matrigna quando s’arrabbia,

non vedo dignità, né umiltà e sai adesso ti

amano e ti studiano, a Recanati non più sassi e lazzi,

ma fiori, onori, ammiratori, amori, sei il poeta tricolor,

ma credi che seguano le tue ginestre e le operette?

La mela che cade dall’albero per caso, uccide molte

formiche e distrugge la loro fatica, più o meno è

lo stesso per l’uomo, lo dici tu, Dio non esiste,

forse hai pure ragione, ma anche la fratellanza è

una fola, e vedi sia l’Uno che l’altra non sono di mente

ma di cuore, t’han fregato hai creduto che la loro ragione

fosse come la tua, il tuo metro non era il loro, le ginestre

son fiori di campo, non sono coltivate, erano in te, non fuori di te.

Paola Tassinari alias Teoderica

 

 

 

Sciocchi uomini di guerra

Sciocchi uomini di guerra

Ci può essere qualcosa di più sciocco
degli sciocchi uomini della guerra?
E se il più sciocco con passi furiosi
attacca?
Perché mai l’altro risponde
col ferro?
Qualcuno ha detto un giorno
porgi l’altra guancia
ma gli sciocchi uomini di guerra
che son potenti e intelligenti
preferiscono seguire Hammurabi
che è un codice è quindi una legge
sì proprio quella del taglione
dell’occhio per occhio e
dente per dente
che tanto di occhi e di denti
ve ne son tanti nella stupida massa
sciocchi uomini di guerra
ancora incapaci di fermare il
male se non con lance di ferro
ripugnanti eroi di inutili giorni
dedicati alla memoria
di lager, di panchine rosse
di mostri, di capri e di pecore matte

Paola Tassinari alias Teoderica

Amore e Psiche

Amore e Psiche

Navigavo nel mare ondoso

mentre mi baciavi intensamente

scivolando le mani e il mio abito

giù dai miei fianchi. Già

suggevi le zinnie in fiore

e i petali cadevano uno

a uno sino a restare io, spoglia.

Relitto, salma, pelle e bottino

abbandonata tra le tue braccia,

affondando e annegando con te

 

Paola Tassinari alias Teoderica

Ok? Se non vuoi andare Ko

Può una rondine
Vivere in gabbia?
Non credo.
Eppure con la tua
tenacia lo hai fatto.
Chiusa col corpo
ma con gli occhi
e la tua anima
sempre innamorata
di qualcosa e di qualcuno.
E ora?
Abituata solo al sogno,
cosa vuoi, cosa chiedi, che pretendi, statti zitta che è sera, smettila di sognare, stai nella tua gabbia e smettila col tuo stupido gioco
di lanciare
sguardi luccicanti
coi tuoi occhi,
ormai
tanto stanchi.
E smettila una buona volta.
Su fai la brava,
arrenditi.
Hai perso,
tu perdi sempre,
lo sai.
Dammi retta,
stai ritta
e sparisci
Ok?
Se non vuoi andare
Ko
Paola Tassinari alias Teoderica

 

Non è il male che mi fa male

 

Non è il male che mi fa male

Non è il male che mi fa male

ma il vostro presunto ipocrita

candore, come palline di canfora

sterminate non tarme ma uomini,

di fuor dorate sì che abbagliate

ma dentro tutte di ricco piombo

bersagliate il mondo come fosse

il vostro parco giochi e sognate

d’esser ricchi, grattate e raspate

e lisciate monete e non v’accorgete

che son veneziane e ottusi e felici

remate le vostre schiave galere

Paola Tassinari alias Teoderica

 

 

 

 

Perché i miei occhi sono tristi

 

Perché i miei occhi sono tristi

Sapevo già, non chiedermi

come e perché, ma se vuoi

ti narrerò del quando

con la terra fra le dita

sentivo il grande e l’assoluto

fra il verde dei rolli incantati.

Sapevo già che le celesti sfere

girano in tondo e son così con

leggi, malie, fascini e fatture,

perché così va il mondo e

l’acqua scorre verso il piano

forte, con note sconosciute.

Così nel giorno assolato o

turbinoso delle fatiche dei fanti

e dei farabutti, s’alza per tutti

la luna, sprofondando col

senno di Orlando e di Alonso

nel pozzo, riflesso di morte o

di antiche mote di fango e

di braco. Vedi sapevo già

dell’uomo che non s’invola

e di ciò che era il mio destino,

di folle Cassandra, di grillo parlante,

menagramo ormai schiacciato e fallito.

Sapevo già che avrei mangiato

e sgranato gli arilli del melograno,

sibilla, indovina, pizia, ape regina,

di sconosciuti profeti, nella rete

degli alieni raggi ambrati, di fasci

di luce di altre stelle, per questo

i miei occhi sono tristi, vedono e

piangono e trovano riposo solo in

mondi paralleli dove vi è innocenza.

Paola Tassinari alias Teoderica

 

 

La Venere sgualdrina

La Venere sgualdrina

 

We live, as sogni, come night’s dreams,

così mai finisce il mondo, noi siamo eliot

e carbonio, carbone illuminato e malandrino.

 

Lei, una zampina di topina, i cui stivalini si

erano attaccati all’attak, lei, lei, svelta se li

è tolti e si è infilata nel letto del re dei topi di

fogna, credeva di aver trovato il parmigiano

reggiano, trovò la puttanesca morte in croce,

consolata da un morso di spaghetti al sugo di

pomodori, aglio, olive nere, capperi e origano.

 

Lei, lei è uno squillo di tromba che piange e

chiede miami? Lo fa ballando il TAPS. Sgualdrina

dal cuore pieno di cenere di militi insaccati in neri

sacchi di spazzatura. Come si sta nei fossi rossi di fango?

Coi tuoi compagni di tango che saltano e brillano?

Lei, lei, la sgualdrina, li accompagna col suo ritmo,

serto di mirto sul suo seno. Riso italiano, sì riso!

 

Quale relativo nominale usare per un

sì amaro riso? Il mio dolore è tale che

non so più se rido o piango o se non

piango e rido. So che manco più dove

ho il cuore tanto, che non so più se voglio

Mozart o le sue palle. Orno tutto e tutti

di fiori, stelle e sogni e mica mi contento.

 

Se qualcuno di voi miei amici vuol sentire quel che

sento e mento e tento, suonerò il trombino barocco:

trtrtrtt ttt  tr  risodì, fanculet, intèculot, ciccicoccò.

 

Paola Tassinari alias Leo