Il troppo stroppia (o storpia)

ar var aldaIl troppo stroppia (o storpia) è un noto proverbio usato in tutta Italia per indicare la negatività di ogni eccesso. L’abbondanza esagerata, la grande fortuna, la ricchezza smodata possono diventare controproducenti. Ogni eccesso è negativo. Stroppiare è una variante di storpiare. Storpiare in quanto  guasta, deforma, corrompe tutta la quantità. Quindi se si mangia troppo poi si sta male, se si esagera con la dieta pure non va bene, troppo dolore non si sopporta bisogna anestetizzarlo, ma anche troppo bene non va, perché ci si abitua e lo si pretende sempre. Non parliamo poi della ricchezza che la si accumula con voracità, non vergognandosene neanche vedendo chi è in cattive acque, ma anzi volendone sempre di più perché quando sarà ora di morire vorrà portarsi dietro le sue ricchezze come il contadino del racconto di Verga che in fin di vita uccideva i suoi tacchini, polli, conigli, ecc per portarseli con sé. Ricordatevi il troppo storpia l’anima ed anche il fisico, perché la bellezza interiore si riflette su quella esterna. Questo proverbio vuole evidenziare che in tutte le cose occorre una giusta misura di comportamento, è la mia bandiera, il mio motto preferito che si riassume più elegantemente nella massima di Orazio Flacco: est modus in rebus.

L’ozio è il padre dei vizi

arvar alda 5 L’ozio è il padre dei vizi, con questo modo di dire ci possiamo dividere in due squadre chi a favore chi contro. Io sto a metà, un po’ di ozio fa bene molto ozio fa molto bene inteso però come l’otium degli antichi, votato alla ricerca intellettuale. Mentre l’ozio di oggi porta spesso ai vizi, al bere, al fumare, al farsi delle canne, giocare alle slot ecc. Lo sanno bene i comandanti dell’esercito del potere deleterio dell’ozio,  si inventano lavori e lavoretti per non demoralizzare o tenere in stato di inedia la truppa. Anzi devono tenersi ben in ordine anche col vestiario, è risaputo che la sciatteria porta alla depressione… il depresso resta in ozio, nemmeno si lava, è schifato da se stesso e basta. In principio furono i Greci ad esaltare l’ozio, legandolo soprattutto alle classi aristocratiche e dominanti. Erano esclusi da questo privilegio, innanzitutto gli stranieri o i membri delle classi subalterne. Le persone dedite ai lavori manuali, come gli artigiani, erano disprezzate, in quanto scarsamente protese all’ozio, che era alimentato dalla partecipazione alle attività teatrali, sportive o politiche. A Roma tra coloro che lo vedevano in chiave positiva c’erano Cicerone e Orazio, con la ben nota teoria del carpe diem. A Catone il vecchio è ascrivibile il detto “l’ozio è il padre dei vizi” quindi lui era critico con l’ozio, come pure lo era Giovenale che vedendo i suoi contemporanei interessarsi soltanto al cibo e agli spettacoli del circo, conia l’espressione “panem et circenses”. A quel tempo l’ozio aveva cessato di essere un privilegio per le classi dominanti, divenendo accessibile anche ai più poveri, foraggiati dalle distribuzioni alimentari gratuite. Vi ricorda niente ciò? Oggi i vizi e l’ozio sono per tutti, foraggiati dal Governo che ne dà l’esempio e la truppa imita e crede di godere.

 

 

 

 

Chi troppo vuole nulla ottiene

serpente 1Chi troppo vuole nulla ottiene. Questo detto mi piace tantissimo, penso che sia un brutto vizio lo stravolere e chi ne è preso mi fa un po’ pena, perché anche per lui alla fine c’è il nulla, la roba non la porta con sé e spesso i figli o i nipoti mandano in malora tutto. Penso a chi accumula, accumula, accumula, pavoneggiandosi di quello che ha e avido vuole sempre, incurante e non vergognandosi di avere esageratamente tanto, in confronto agli altri, fisicamente si trasforma pure: il petto esageratamente all’infuori come un gallo. Infatti questo modo di dire ha origine da una gallina, in una favola di Esopo. C’era una volta un contadino che aveva una gallina speciale che faceva un uovo al giorno… tutto d’oro. Il contadino manco guardava o ringraziava la gallina, prendeva l’uovo, lo vendeva al mercato, nascondeva i soldi anche alla moglie, la quale, poveretta, lavorava dalla mattina alla sera nei campi. Avido, incontentabile e inappagabile, pensò a quanto oro avesse dentro di sé la gallina, prese un coltello e uccise la gallina. Ma dentro  le sue viscere non trovò nulla, il contadino rimase senza gallina e senza uovo d’oro. Accontentarsi è una parola d’oro, significa apprezzare ciò che si ha, quindi non si cercherà l’accumulo ma il benessere che è altra cosa.

Tra il dire e il fare c’è di mezzo il mare

gatto 2Tra il dire e il fare c’è di mezzo il mare recita un vecchio proverbio popolare che significa che a volte si ha tendenza a parlare molto senza costrutto ovvero a fare promesse che poi, si sa, non vengono mantenute.   (In questo caso i politici la sanno lunga). Le parole possono essere pietre o carezze, possono dare stimolo, ma da parte mia rifuggo da chi parla troppo e promette spesso. Secondo la psicologia io dovrei essere quindi una ciarlona perché si disprezza chi ha i nostri difetti, invece no, sto molto attenta a fare promesse e le mantengo anche se mi costa sacrificio e se inavvertitamente mi scappa una parola di più, la mantengo e la metto in opera. Devo confessare però che oggigiorno per quieto vivere sono costretta a dire bugie. Io credo che la parola sia inutile se non è seguita dal fare, ma tra il dire e il fare c’è in mezzo appunto il mare, un’immensità, e quando mi capita da qualcuno il contrario, dal dire si passa al fare, ne sono sempre stupita e contenta. Ma veniamo ad una bella favola di Esopo che spiega bene il concetto. C’erano dei topi che vivevano in una casa dove c’era un diabolico gatto, i sorci soffrivano perciò una grande fame, terrorizzati di uscire dai loro nidi. Si riunirono tutti per trovare un’idea e un topolino disse:“Ho io la risoluzione dobbiamo attaccare un campanello alla coda del gatto. Quando si muoverà, il campanello suonerà,noi sapremo dove sarà e potremo così uscire in cerca di cibo”. I topi si misero a  saltare euforici, convinti dalla grandiosità dell’idea, finché il topo più anziano domandò: “Chi andrà ad attaccare il campanello?”. Tutti mogi e zitti … nessuno si offrì volontario, nessuno alzò la zampina.