IL PROF. DI DISEGNO

prof  disegnoIL PROF. DI DISEGNO

A scuola ero brava, mi piaceva andarci, paradossalmente la materia che mi piaceva di più: l’italiano, io e la Prof. non ingranavamo, l’altra materia preferita: il disegno…ma il Prof. era troppo…troppo e basta.
Il Prof. di disegno non alzava mai la voce, mi aveva fatto conoscere Giorgione, Van Gogh, i fratelli Carracci, Caravaggio ed il sublime Botticelli.
Mi diceva…brava, bravissima.
Le mie opere erano esposte nelle sale della scuola e alla lotteria di fine anno trovavano sempre acquirenti.
Disegnare mi piaceva, dipingere ancora di più, il Prof. mi stimava e mi sosteneva, volle parlare anche con mio padre per convincerlo a farmi proseguire gli studi artistici.
Cosa c’era che non andava?
Ancora non lo so bene.
So che detestavo la sua guancia che sfiorava la mia, quando arrivava per controllare il mio lavoro.
Poi c’era il rito, il mio disegno doveva essere sempre affisso in alto, anche se c’era posto in basso, il Prof. diceva che così si vedeva meglio, inizialmente mi inorgogliva, ma poi non capivo perchè il Prof dovesse prendermi in braccio per farmi salire sulla sedia per affiggere la mia bella opera là in alto, lui diceva che faceva così perchè aveva paura che io cadessi e mi facessi male, ma io percepivo una sensazione di sporco…a un certo punto decisi che essere brava in disegno aveva un prezzo troppo alto e che forse Giorgione non era poi granchè, che forse era meglio Van Gogh con i suoi campi gialli di grano maturo.
Così alla fine io volevo la Prof. di italiano, ma lei non mi voleva, il Prof di disegno mi voleva ma io non volevo lui.
Che strana la vita e che strano quel mio “sentire anomalo” con cui percepivo le attenzioni del Prof.
Forse la mia testolina galoppava troppo con la fantasia.

DANIELA

Daniela4DANIELA

Nel nostro piccolo gruppo di “strani” composto da Marco il femminiello, Anna la coraggiosa, Katiuscia la dinamitarda, Paolè la contestataria c’era anche un’outsider: Daniela.
Daniela era matura, responsabile, composta, affidabile, studiosa, non saltava mai le lezioni ed era sempre ben educata.
Era la beniamina delle mamme e dei Prof.
Non amava le risse, nè i fumetti, nè la musica, nè contestare e neanche i libri, le piacevano ma non li amava.
Non si lasciava mai dominare dalle passioni, era…Apollo senza Dioniso.
Tanto per essere chiari, Daniela non partecipava mai allo stupido gioco della cerbottana.
Era sempre col nostro sparuto manipolo, taciturna, quasi assente ma amichevole e salda.
Eccelleva in tutte le materie, stava nei banchi della prima fila, ma a differenza dei secchioni i compiti risolti li passava a tutti.
Aveva splendidi occhi verdi e non mi piaceva che li nascondesse portando i capelli in modo da celare quasi tutto il volto.
Daniela aveva affrontato la sua fossa dei leoni, si era rovesciata addosso una pentola di acqua bollente, aveva il viso e parte del collo e della spalla piagati.
Questo era il motivo per cui Daniela si univa a noi, anche se non aveva gli stessi interessi, noi non vedevamo il suo volto sfigurato.
Oggi Daniela ha fatto carriera in banca, la scienza ha aiutato il suo volto ma l’affetto fra noi è rimasto immutato.

LA PROF. D’ITALIANO

Paolè LA PROF. di ITALIANO

Ora, dopo che ho raccontato l’episodio di Anna e la sua vittoria sulla Prof. di italiano, voi penserete che io non amassi la Prof. e la sua materia.
Sbagliato.
Io mi ero impegnata al massimo con lei, e se all’orale prendevo otto come le sue preferite, allo scritto il mio solito voto era: quattro.

Secondo la Prof. io ero troppo fantasiosa ed andavo fuori tema. Ogni volta che credevo di avere fatto un bel componimento e aspettavo speranzosa l’arrivo dei compiti corretti…che delusione vedere il mio foglio con quei rigoni rossi di correzione, ma soprattutto perchè le frasi che più mi piacevano erano state interamente tagliate perchè fuori luogo.
Stanca di cercare la sua approvazione avevo abbandonato le lezioni di latino per farle un dispetto.

Iniziai ad innalzare l’atlante geografico per nascondermi e leggere quello che mi piaceva senza ascoltare le lezioni.
Aveva voluto la lotta e lotta era.
I quattro rimasero quattro ma anche gli otto rimasero otto perchè amavo le poesie, la storia, i classici e la Prof. non mi prese mai in castagna con le interrogazioni orali.
I miei compagni pensavano che la odiassi, io semplicemente volevo solo essere considerata; ma siccome per Ella io ero una pupattola che leggeva i fotoromanzi, io per non deluderla arrotolavo le gonne al giro vita perchè diventassero corte, corte, ostentavo fra le dita un’enorme cerbottana e vittoria era quando osservandola con impertinenza coglievo nei suoi occhi casti tutto lo scandalizzato perbenismo.
Cara Prof. di italiano, guarda caso il tuo nome è Anna, nome che ricorre nella mia vita, nel bene e nel male, tu sei stata la mia prima grande delusione, causa di un sogno infranto, anche se devo dirti che riguardo ai fotoromanzi avevi ragione, ma la lotta che ho fatto a te ha fatto male solo a me.

 

MILLA

millaMILLA

Erano due giorni che Milla girava attorno a quell’albero di caco.
Era un albero maestoso, con tante foglie verde bosco, pieno di frutti arancioni.
Sul primo ramo splendente stava un frutto, un caco rosso, maturo, e Milla lo guardava vogliosa.
Nei suoi sei anni di vita, era la cosa più bella che avesse visto.
Decise che sarebbe stato suo.
Provò ad arrampicarsi, ma il fusto era talmente liscio, che non era possibile appigliarsi.
Prese allora una sedia, niente da fare.
Provò col seggiolone della sorellina, niente da fare.
Oh, come avrebbe voluto una scala, ma non c’era, doveva riuscirci con quello che aveva.
Strisciò il tavolo della cucina sino all’albero, poi con l’aiuto di una sedia vi issò il seggiolone.
Infine salì pericolosamente sulla torre ottenuta.
Stando in punta di piedi riuscì a sfiorare il frutto agognato, ma non a staccarlo.
Fece allora un piccolo saltello, afferrò il frutto, ma all’improvviso la torre franò.
Milla cadde a sedere scoperto su un letto di ortiche.
Non si curò nè della caduta, nè del pizzicore, si guardò le mani vuote…il caco, il caco dov’ era?
Era poco più in là.
Spiaccicato per terra.
Completamente polverizzato.

THOMAS

thomasTHOMAS

L’ha conosciuto, girando giù e su, lungo i viali della stazione di una piccola città italiana.
Lui una checca di mezza età su un suv, cercava compagnia.
Thomas un ventenne brasiliano, arrivato in Italia in compagnia di una tardona che si era invaghita di lui.
Thomas sale sul suv.
E’ da qualche mese che si prostituisce, preferisce così.
Non ce la faceva più a sopportare la tardona. Una maniaca del sesso era, lo abbracciava, lo accarezzava, lui aveva tanto bisogno d’affetto,
e poi con la bocca vogliosa iniziava a leccarlo sul collo, sui capezzoli e poi più giù, più giù.
Non era mai sazia, sempre sesso e sesso.
Si prostituiva per guadagnare qualcosa, lui era un bel ragazzo, alto, dal fisico perfetto, con la pelle dorata e lucida, i muscoli guizzanti e gli piacevano i bei vestiti firmati.
Ma non era solo per i soldi, la tardona lo aveva talmente smagato che avvertiva un conato di vomito se la paragonava alle donne della sua terra.
Cercava un po’ d’affetto dagli uomini, gli pareva che fossero più sensibili, meno affamati.
Thomas e Mario ( la checca del suv) ora fanno coppia.
Mario ha i suoi problemi, è attratto solo dai giovani, quelli della sua età offendono il suo senso estetico molto pronunciato.
Thomas, sa bene come sbava per il suo corpo, ma almeno si occupa anche della sua persona.
Lo sta aiutando a regolarizzare la sua posizione in Italia. Gli ha trovato un lavoro in un ricovero di anziani dove Thomas è letteralmente adorato per il suo calore e la sua disponibilità.

Lo aiuta a pagare l’affitto dell’abitazione…beh dovrà pure avere qualcosa in cambio.
Dimenticavo, quando Thomas è in “saudade” e non ha proprio voglia di fare all’amore, Mario si incazza e se ne va.

Ma poi gli manda una carica telefonica perchè Thomas possa telefonare a casa dalla mamma.

O gli porta le sigarette o un cd di musica latina.

Oppure riesce a trovare ancora una serata per fare spettacolo, un tempo Mario aveva serate anche fuori regione, ha una bella voce.
In quelle sporadiche serate, mesto residuo di popolarità, Mario canta con gli occhi lucidi e Thomas piange.

CHISCIOTTA

ChisciottaNon stavi bene.
Te ne eri accorta anche tu.
Non ti piacevano più i libri.
Tu, che quando avevi vent’anni, volevi essere in pensione, anziana, per stare tutto il tempo a leggere.
Non stavi bene.
Ti hanno mandato a casa il medico amico.
Ti sei fidata.
Lui ti ha tradito, non ha mantenuto il segreto.
Volevi andare sola al colloquio.
Non te lo hanno permesso.
Ti sei trovata chiusa in gabbia, con le ali tarpate.
Tu che ami la libertà.
Non ti hanno lasciato andare sola al colloquio.
Ti volevano accompagnare.
Tu ti sentivi sola, di nessuno ti fidavi.
Volevi andare sola al colloquio.
Non te lo hanno permesso.
Ti sei messa a girare in mezzo alla strada, fra camion ed auto in corsa.
Indifferente.
Lasciatemi la facoltà di decidere, altrimenti meglio non vivere.
E’ arrivata l’ambulanza.

Docile sei salita.
Indifferente.
Il medico ti ha guardato con occhi irridenti ( ti hanno poi spiegato che è una tattica psicologica), e ti ha detto: – guarda che ti teniamo qua-.
Tu hai risposto:- non me ne importa niente, datemi un libro e sono a posto-.
Ti hanno rimandato a casa.
La tua avventura è durata solo qualche ora dolorosa.
Hai fatto l’esatto opposto di Don Chisciotte, senza libri sei diventata pazza, coi libri sei rinsavita.

ROCKI

RockiROCKI

 

Ora è rimasto solo Rocki, che a dire la verità non è il nostro cane.

Lui sta nell’altra parte del cortile, quello in comunicazione col cortile dei miei genitori.

Rocki ce lo hanno dato delle persone che lo avevano preso da piccolo per i loro bambini. Ma Rocki crescendo era diventato grande,grande.

Rocki è un pastore belga, i suoi ex proprietari abitavano in un appartamento di sessantametri quadri, con due bambini  per Rocki non c’era più posto, era troppo grande.

Non volevano portarlo al canile, allora lo hanno preso i miei genitori per fare compagnia a Bull.

Rocki ha preso l’indole dai bambini.

E’ cresciuto con loro.

Quell’indole ce l’ha ancora oggi che ha dodici anni.

Quando è felice si mette a gattoni, col sedere inalto e la testa appoggiata a terra.

Oppure a pancia all’aria si stira le lunghe zampe e fa …oohhhhhh.

Ora che mio padre non c’ è più è diventato il cane di mio marito.

Si capiscono con gli occhi.

Mangiano l’uno quello che mangia l’altro, corrono e giocano a pallone insieme.

Se litigano è solo per via dei buchi.

A Rocki piace fare i buchi dove ci sono i fiori.

A mio marito piacciono i fiori e non sopporta i buchi.

Per il resto vanno d’accordo su tutto.

BULL

BullBULL

Bull era il cane di mio padre.
Era un cane da pagliaio, cioè faceva più danni che altro,ma lo perdonarono sempre.
Era un pastore tedesco.
E come un tedesco era serio e scontroso.
Non abbaiava, se ne stava acquattato e ti assaliva quando meno te lo aspettavi.
Amava mangiare le noci.
Mio padre stava seduto sul cornicione, spaccava la noce, ne mangiava mezza e mezza la dava a Bull.
Era solito scappare dal cortile.
Andava dal vicino a far strage di galline.
Era sempre perdonato, mio padre scrollava la testa, poi andava dal vicino a scusarsi, portava qualche bottiglia di vino e pagava tutti i danni che Bull causava.
A me Bull portava le galline ancora vive.
La prima volta che successe, era una mattina di agosto, mi ero alzata per andare a lavorare, uscita in giardino sentii distintamente: ” …cococo, coco, cocococo… “.

Credevo di avere le travvegole, stupita, incredula trovai tre galline in un cespuglio, un po’ spennate ma vive.

Poi l’arcano si scoprì…era Bull che le prendeva dal vicino e me le portava.
Arrivò anche un compagno per Bull. Aveva un anno. Si chiamava Rocki.
Bull morì di vecchiaia.

BAGHERA

BagheraBAGHERA

 

Da Nerina, la bastardina nera, e Pierino, il volpino bianco, nacquero quattro cagnolini, tre trovarono una casa nuova, Baghera rimase con noi.

Avevamo trovato una casa anche per lei.

Ma poi non ce l’abbiamo fatta a darla via.

Baghera è dolce affettuosa ma ha paura.

Trema dalla paura.

Si nasconde.

Vuole stare solo con la sua mamma. E’ nera come lei, ma non ha la sua eleganza.

Sta sempre nascosta, bisogna tirarla fuori dai pertugi, perché altrimenti neanche viene a mangiare.

Con gli anni è diventa meno timida, ma solo con noi della famiglia.

Bisogna stare molto attenti, perché Baghera, quando arrivano amici o conoscenti, si nasconde ed esce solo per morsicarli alle caviglie.

Lo fa perché ha paura.

Ormai nonostante le nostre attenzioni, ha lasciato i segni dei suoi denti a tutti i nostri amici.

E’ tanto affettuosa, sente i tuoi stati d’animo.

E ti lecca quando sei triste, si stende ai tuoi piedi e ti guarda fisso negli occhi…e ti comprende.

E ti fa le feste, fa le piroette, i salti e le capriole.

E quando non sa proprio cosa fare di più, dalla contentezzafa la pipì all’improvviso, come fanno a volte i bambini.

Ora è rimasta sola,e la notte è straziante sentirla piangere.

Sogna e piange.

Forse le mancano Nerina, Pierino ed Ivan.

La teniamo in casa con noi, ha il suo divano, è molto vecchia ha ventuno anni, ma la notte piange lo stesso.

Ora se ne è andata.

La sera era lì, affettuosa come sempre, la mattina dopo non c’era più.