Perché i miei occhi sono tristi
Sapevo già, non chiedermi
come e perché, ma se vuoi
ti narrerò del quando
con la terra fra le dita
sentivo il grande e l’assoluto
fra il verde dei rolli incantati.
Sapevo già che le celesti sfere
girano in tondo e son così con
leggi, malie, fascini e fatture,
perché così va il mondo e
l’acqua scorre verso il piano
forte, con note sconosciute.
Così nel giorno assolato o
turbinoso delle fatiche dei fanti
e dei farabutti, s’alza per tutti
la luna, sprofondando col
senno di Orlando e di Alonso
nel pozzo, riflesso di morte o
di antiche mote di fango e
di braco. Vedi sapevo già
dell’uomo che non s’invola
e di ciò che era il mio destino,
di folle Cassandra, di grillo parlante,
menagramo ormai schiacciato e fallito.
Sapevo già che avrei mangiato
e sgranato gli arilli del melograno,
sibilla, indovina, pizia, ape regina,
di sconosciuti profeti, nella rete
degli alieni raggi ambrati, di fasci
di luce di altre stelle, per questo
i miei occhi sono tristi, vedono e
piangono e trovano riposo solo in
mondi paralleli dove vi è innocenza.
Paola Tassinari alias Teoderica