Filomela

Nuova immagine (8) Filomela era una rondine che aveva già compiuto sedici anni, questa era l’età massima che una rondine poteva vivere.

Ormai il volo la stancava, ed a terra è risaputo che le rondini avendo le zampe corte sono molto goffe, facile preda di gatti indiavolati.

Che poteva fare Filomela, le forze per volare in Africa non le aveva, i figli ne aveva tanti, ma ognuno sparso per il mondo, perché così deve essere, solo gli umani, ma loro sono molto sciocchi, si tengono i figli attaccati alle penne.

Che poteva fare Filomela?

Restare nel nido che si trovava sotto il tetto di una stalla e che era suo ormai da tanti anni?

Restare lì al calduccio, fra le cose care e conosciute?

Restare ed aspettare la morte?

Sì, sarebbe rimasta nel nido antico ed avrebbe impiegato il suo tempo a cantare, a trasformare la voce stridula che hanno le rondini in quella voce musicale che possiedono gli usignoli.

Migliaia di anni fa, alla rondine avevano tagliato la lingua, è per quello che non aveva più la musicalità dell’usignolo, eppure sempre nel tempo antico, la rondine aveva come sorella un usignolo.

C’è sempre tempo per imparare qualcosa di nuovo, qualcosa di nuovo che non fa pensare al vecchio in arrivo.

Coccinella

Nuova immagine (7)Tutte le favole hanno protagoniste molto giovani, questa no, parla di Coccinella una signora di cinquant’anni chiamata così perchè quando spolverava la casa e trovava una coccinella, la prendeva sul palmo di una mano, la baciava e poi la deponeva delicatamente su un fiore.

Coccinella era diventata molto triste, aveva sempre lavorato tanto e non aveva ore per stare in ozio, ma adesso era rimasta sola ed aveva tanto tempo libero che a lei sembrava vuoto.

Un giorno mentre se ne stava al davanzale della finestra a piangere, una coccinella le volò sui capelli e…si mise a parlare: “Tu sei sempre stata gentile con noi perciò voglio rivelarti un segreto, io che sono la regina delle coccinelle, posso esaudire un tuo desiderio, uno solo bada, tornerò fra una settimana e tu mi dirai che cosa vorrai.”
Coccinella fu invasa da una specie di scarica elettrica, iniziò subito a pensare a questo, a quello, a sopra, a sotto, più pensava a ciò che voleva più non sapeva che voleva.

Ma alla fine della settimana aveva ben chiaro il suo desiderio, quando la coccinella volò sui suoi capelli le disse: “Cara, dolce coccinella, vola da una qualsiasi persona ammalata e toglile il male, questo è il mio desiderio, perchè io non ho motivo di essere triste, sono sana, il pane non mi manca e con te ho capito che il vero segreto è …non desiderare.”

 

 

Storia di una topina

Nuova immagine (6)Un giorno una topina trovò un paio di stivali piccoli, piccoli, e vi infilò dentro le sue zampine piccole, piccole.

Si stese sul pavimento della cantina dove abitava, senza stare attenta a dove si metteva.

Estasiata, ammirava gli stivali piccoli, piccoli e si vantava di come erano belle le sue zampine così vestite.

“Oh come sono felice, ora se per caso finirò su quell’orribile colla, che il mostro stende in tutti gli angoli, sfilerò le mie zampine piccole, piccole, dagli stivali piccoli, piccoli e non farò la fine di mamma e papà.”

La topina fece per alzarsi, ma si accorse che si era distesa proprio sull’orribile colla, più si muoveva, più si incollava al pavimento della cantina.

Ah vanità delle vanità, quante vittime in quantità.

 

 

 

La favola del ranocchio

Nuova immagineC’era una volta un ranocchio, che non voleva essere un ranocchio, voleva essere un delfino.

Al ranocchio piacevano i grandi luoghi, non sopportava le pozze di acqua stagnanti, dove lui viveva.

Se ne stava sul bordo di uno stagno, su una grande foglia di ninfea a fare gra, gra, gra.

Gracidava e più gracidava, più gli altri ranocchi gli dicevano che solo nelle favole, il ranocchio si trasformava in un principe o in un delfino.

Il ranocchio aveva un bel da fare a spiegare che tutti sono delfini o principi, che era solo una questione mentale, l’esserlo o meno.

Nessuno lo ascoltava, anzi faceva venire agli altri ranocchi talmente tanta rabbia, che gli tiravano le pietre, i sassi ed anche grandi spruzzi di acqua gelida.

Finché una volta il ranocchio fu ferito gravemente.

Fu così che lasciò la sua bella foglia di ninfea, cominciando a vagare per cercare un nuovo posto dove stare.

Ma non lo trovava mai.

Gli altri ranocchi, non volevano con loro un ranocchio che si credeva un delfino.

Arrivò finalmente alla riva del mare, qui il ranocchio esultò: “Ecco la mia casa.”

Si tuffò e in un attimo si sentì delfino, capì allora che i ranocchi potevano trasformarsi.

In realtà, il povero ranocchio, tuffandosi nel mare non sapeva di stare lentamente soffocando nell’acqua salata.

Il ranocchio non si era trasformato in delfino, comprese però, mentre stava per morire che è sempre meglio accettarsi per quello che si è.