Storia di un papero

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C’era una volta un papero incontentabile, era nato con un becco lungo, lungo, che con gli anni era diventato ancora più lungo.

Il papero si vergognava del suo becco lungo più di mezzo metro, inoltre gli altri paperi lo prendevano in giro, gli dicevano che con quel beccone era proprio un semplicione.

Pure la sua mamma e il suo papà si vergognavano di lui.

Il papero seppe dalla gallina, sua vicina di cortile, che appena un poco fuori dall’aia, c’era una quaglia che era un poco maga.

La gallina disse al papero: “Vai dalla quaglia che forse riuscirà ad accorciarti il becco”.

Il papero corse dalla quaglia: “Ti prego aiutami, mi vergogno di avere un becco così lungo”.

La quaglia rispose: “Vai dall’ape che sta sul fiore rosso del melograno, se lei ti dirà di no, il becco ti si accorcerà.”

Il papero trovò l’ape sul fiore e le disse: “Vuoi che io mangi tutto il fiore di melograno?”.

“No”, rispose l’ape.

Il papero si accorse che il becco si era accorciato di un bel po’, ma non era contento, lo voleva ancora più corto, perciò si reco  ancora dall’ape.

“Vuoi che io mangi tutto il fiore di melograno?”.

“No”, rispose l’ape.

Il papero tornò a casa, questa volta aveva il becco come quello degli altri paperi, ma lui era incontentabile, adesso voleva il becco come quello delle galline, piccolo, piccolo e più sottile, tornò quindi dall’ape.

“Vuoi che io mangi tutto il fiore di melograno?”.

“Ho detto no, no, no” rispose l’ape un po’ arrabbiata.

Il papero tornò a casa, si guardò nello specchio e vide che non aveva più il becco, nemmeno un centimetro di becco.

Sconsolato capì che nella vita bisogna accontentarsi, non pretendere troppo, ma assecondare il giusto.

Est modus in rebus ovvero c’è una giusta misura nelle cose.

 

 

 

 

 

 

La filosofia della farfalla

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La mamma aveva deposto le uova, dopo una decina di giorni ero nata assieme agli altri bruchi, brutti verdi e mollicci e con tanta fame.

Divoravamo centinaia di tenere foglioline verdi, poi ci venne un gran sonno ed ognuno si costruì una specie di bara che tutti chiamano crisalide.

Al risveglio, dopo la metamorfosi ero diventata quella che sono ora, una farfalla.

 

Adesso non sono più vorace come quando ero un bruco, ora  elegantemente, con la mia proboscide succhio il nettare dei fiori.

 

Il bambino pestifero che ha schiacciato tanti bruchi, tanti miei fratelli, perché diceva che eravamo brutti, ora mi guarda incantato e chiama la mamma perché mi venga a vedere.

 

Ora che sono farfalla tutti mi vedono con meraviglia, piaccio.

 

Vedono in me una loro probabile ascesa, perché io inizio la mia vita strisciando, e poi mi trasformo in un arcobaleno che vola di fiore in fiore, mi paragonano  all’anima.

 

Illusi.

 

La mia bellezza dura solo qualche giorno.

 

Illusi.

 

Non avete capito niente, la bellezza è dentro di voi, non all’esterno, se voi siete brutti dentro, sarà brutto anche l’esterno.

 

Illusi.

 

La bellezza, così come la felicità, dura poco, non fate come il bimbo che schiaccia i bruchi, in quel bruco c’ero già io, non guardate solo con gli occhi, guardate anche col cuore.

 

 

 

 

 

Il desiderio della bambina

Nuova immagine (11)Questa è la storia di una bambina molto carina, ma lei non si piaceva, perché aveva, secondo lei, i capelli color topo, in realtà erano color castagna di un bel bruno ramato.

E poi aveva castani pure gli occhi, che non erano certo belli come gli occhi azzurri che evocano il cielo o gli occhi blu che suggeriscono il mare o gli occhi verdi che fanno pensare all’erba.

Il suo più gran desiderio era poter avere i capelli biondi come il grano e gli occhi azzurri o forse blu.

La sera prima di dormire leggeva il grosso libro delle  “Mille e una notte,” scorreva sempre le stesse pagine, quelle di Aladino e della lampada magica.

Dovete sapere che la lampada magica esaudiva i desideri.

La bambina aveva rubato alla mamma una teiera di rame, simile, per forma, alla lampada di Aladino.

Se l’era portata nel letto, e dopo aver letto di Aladino, si metteva sotto le coperte, strofinava energicamente per un quarto d’ora la teiera, poi pensava intensamente al suo desiderio.

La mattina, appena sveglia correva a specchiarsi, ma mai accadeva che i capelli fossero diventati biondi o gli occhi blu.

Ma la bambina non si scoraggiava: “se credo intensamente, il mio desiderio si avvererà,” si diceva.

Arrivò un bel giorno la cuginetta, lei era una cittadina, veniva da Milano, aveva solo due anni più di lei, ma sembrava molto più esperta… quasi una grande.

La bambina fu così in ammirazione di questa cuginetta così esperta e le confidò il suo desiderio.

Certo non si aspettava la risposta che ebbe.

 

La cuginetta le spiegò che i capelli si potevano tingere, si andava dalla parrucchiera e in due ore si avevano i capelli biondi, rossi, verdi, come uno voleva.

Agli occhi si potevano mettere delle lenti colorate ed un giorno si potevano avere gli occhi blu e un altro gli occhi azzurri e così via.

“L’unico miracolo che devi ottenere è convincere tua madre a portarti dalla parrucchiera e a comprarti le lenti per gli occhi.” Concluse saputella la cuginetta.

 

 

La volpe amareggiata

Nuova immagine (9)C’era una volta in un campo coltivato, una volpe molto  amareggiata dai pregiudizi che avevano su di lei.

Questa volpe, a differenza delle altre, era talmente curiosa, che avendo trovato un sussidiario, aveva poi imparato a leggere.

E si sa, una volta imparato a leggere, non si smette proprio più, perché la passione è molto grande.

Ma leggendo i libri aveva imparato che gli uomini, sin dal lontano medioevo, la descrivevano come furba, fraudolenta e sleale.

Narravano di come si fingesse morta per attirare le vittime, e questo ve lo dico io non è vero per niente.

Raccontavano di come fosse difficile catturarla perché oltre ad essere prudente era anche velocissima, a me questi sembrano pregi.

La denigravano perché non riuscendo a prendere l’uva faceva finta di disprezzarla, ma scusate voi non avete un po’di amor proprio, non dite che bisogna incassare una sconfitta con classe?

E poi con questi pollai che io devasterei, ma smettetela un po’, per qualche pollo, i miei piccoli urlano e  piangono per la fame, che dovrei fare?

Se non lo sapete ve lo dico io: “io ai miei cuccioli ci tengo, nascono in primavera e già dopo sei settimane sono in grado di fare da soli, ma io li conservo sotto la mia protezione sino all’autunno.”

La volpe era proprio amareggiata perché era lei che riteneva l’uomo fraudolento, sleale e sanguinario, non organizzava le cacce alla volpe solo per divertimento?

E non uccideva le volpi per regalare le pellicce alle donne?

E le donne poi, che si mettono la mia pelle, attorno al collo, pavoneggiandosi?

Ma sì fate quello che volete ma prendetevi almeno la responsabilità di quello che siete.

Io sono una volpe e si vede, ma tu uomo, tu chi sei?