L’UOMO E LA DONNA

L’uomo e il mare

 

Uomo libero, sempre amerai il mare!

Il mare è il tuo specchio; tu miri, la tua anima

nello svolgersi infinito dell’ onde,

e il tuo spirito non è abisso meno amaro.

Ti piace tuffarti entro la tua propria immagine;

tu l’abbracci con gli occhi e le braccia, e il tuo cuore

si distrae talvolta dal suo palpito

al rumore di questo lamento indomabile e selvaggio.

Siete entrambi tenebrosi e discreti:

uomo, nessuno ha sondato la profondità dei tuoi abissi;

mare, nessuno conosce le tue ricchezze nascoste,

tanto siete gelosi di conservare i vostri segreti.

E tuttavia dai secoli dei secoli

vi combattete senza pietà né rimorsi,

talmente amate la carneficina e la morte,

o eterni lottatori, o fratelli implacabili.

7 luglio paola

 

Charles Baudelaire

 

Avevo già presentato questa poesia , ma ora  che siamo in piena estate e io vado al mare la ripresento, il mare come l’uomo è profondo  misterioso e crudele, dal mare arriva la vita e arriva la morte.


 immagine di Teoderica

CARMEN E JACINTO seconda e ultima parte

5CARMEN e JACINTO 2 e ultima parte

Perchè tu non ce l’ hai fatta Jacinto?
Perchè hai sentito il bisogno di dirmi che Carmen si è adeguata?
Mi credi che la gioia che ho provato per Carmen è stata offuscata dal dolore che sento serpeggiare in te?
Quando siamo diventati amici Jacinto?
Dopo lo scontro che abbiamo avuto perchè tu eri manesco con Carmen, ne abbiamo avuto un altro.
Eri entrato al bar, in gruppo con gli altri come te, mi avevi sottratto sotto gli occhi due bottiglie di cognac, senza che io me ne accorgessi; mia madre, controllava ogni cosa, quando voi uscivate, se ne accorse subito di ciò che mancava ed iniziò la solita litania sulla mia “svagatezza”. Esasperata dai suoi rimbrotti, vi ho rincorso, in bicicletta, vi ho raggiunto intimandoti di ridarmi le bottiglie, altrimenti avrei sporto denuncia.
Tu Jacinto me le hai riportate, furioso mi hai detto che se ti avessi denunciato, avresti dato fuoco al bar e poi saresti scomparso, tu sapevi come fare. Io ti ho risposto così:
– Ma bene, così non solo furto, ma anche ricatto, e pensare che quando hai bisogno che ti legga ciò che è scritto sul “foglio di via” o parlare al telefono col tuo avvocato per spiegare cosa combini, vieni da me, mi hai detto che ti fidi di me, non si fa così, non si ruba agli amici, anche gli zingari hanno un codice d’ onore . Se vuoi guerra, sia, ti denuncio anche per ricatto-.
Tu Jacinto sei scoppiato a ridere.
Il giorno dopo sei venuto con il capo degli zingari, tuo fratello, perchè siete figli di una regina, non so di quale etnia perchè io certe cose non le ricordo. Hai raccontato il fatto, ed il capo ha dato la ragione a me, non si ruba a chi ha dimostrato amicizia e coraggio, non si fa questo fra gli zingari. Da allora non hai portato più via niente, non solo tu ma anche gli altri.
Io Jacinto sono un’ inguaribile ottimista quindi aspetto, un mese, un anno, aspetto che tu passi a trovarmi con la tua famiglia, perchè è quella la strada giusta Jacinto.

CARMEN E JACINTO prima parte

5CARMEN e JACINTO 1 parte

Non molto distante dal bar che gestisco, hanno allestito, fra le critiche degli abitanti, un campo nomadi. Fra i variopinti personaggi sopraggiunti vi era anche Carmen, una zingara sedicenne, dire bellissima è dire poco, già sposata con un coetaneo e madre di un bimbo. In pochi anni Carmen, sfornando figli come conigli, ha perso molto della sua bellezza, ma non il carattere indomito.
Quando è nata l’ amicizia tra noi, non saprei dirlo, era sommessa, ma fluida come un fiume.
Quando gli zingari entravano nel bar, era caos, era difficile rimanere impassibili, vedere i bimbi sporchi e mezzi nudi, sgranocchiare cioccolato e patatine e bere coca cola, mentre i genitori andavano a cognac e vino. Occorreva tenerli d’ occhio, perchè normale ed istintivo era per loro infilarsi ogni genere di merci sotto i lunghi sottanoni colorati. Di solito sono le donne che rubano, gli uomini osservano ed agevolano la fuga.
Un giorno il marito di Carmen alzò le mani su di lei, io a volte non riesco a rimanere impassibile, mi frapposi fra lei e il marito, viso a viso, occhi negli occhi, intimai all’ uomo:- Se alzi ancora le mani su di lei, telefono ai carabinieri e ti denuncio.-
Lo zingaro rispose:- E’ mia moglie, faccio quello che voglio – poi scoppiò a ridere e tutto finì lì.
Da allora qualcosa cambiò, Carmen iniziò a raccontarmi qualcosa di lei e del suo modo di vivere, io non ero più una “gaggia”( cioè una paurosa, una non degna), mi fece vedere pomposamente che sapeva leggere ( in realtà sillabava).
Iniziai a sgridarla per come teneva i figli.
Un giorno, era il 13 dicembre, nevicava, era freddissimo. Carmen entrò nel bar coi figli ed il marito. I bimbi erano completamente nudi e scalzi. Mi arrabbiai talmente tanto, furente alle scuse di Carmen che cercava di spiegarmi che era per ” temprarli”.
Pochi giorni dopo si venne a sapere che al campo nomadi era morto un bambino di 15 mesi per stenti e sevizie, fra le quali anche bruciature di sigaretta.
Sconvolta iniziai a bombardare di telefonate e fax la Circoscrizione perchè facesse qualcosa.
Contattai Carmen, era allarmata perchè aveva paura che le istituzioni togliessero i bambini anche a lei, cercò di spiegarmi che la morte del piccolo era dovuta ai bimbi più grandicelli, una specie di circolo vizioso, in cui il grande rifaceva quello che aveva subito da piccolo. Carmen giurava e spergiurava che ai suoi bimbi stava attenta.
Qualche mese dopo, Carmen tornò a trovarmi, era col marito, le avevano portato via i figli, erano in un istituto, stava andando a trovarli.
Le dissi:- Capisci che è per il loro bene, basta con questa vita di stenti, non è più tempo, ti devi adeguare, tuo marito può lavorare, puoi lavorare anche tu, dimostrate che potete cambiare, vi ridaranno i figli, le istituzioni vi aiuteranno.-
Era addolorata, il marito cercava di scherzare, ma Carmen era triste, triste.
Dopo sparatorie, corse folli in auto, incendi e la morte del piccolo, il campo nomadi è stato chiuso. Gli zingari non erano riusciti ad integrarsi, il loro più grande handicap non è neanche perchè vivacchiano rubacchiando, ma l’ alcol. Quando sono in preda all’ alcol non sono più gestibili, pagano il loro non adeguarsi con un’ inquietudine latente che li porta a sbronzarsi. Chi di loro tenta di affrancarsi è dagli altri del gruppo considerato un traditore e perciò per loro, disintossiccarsi è ancora più difficile.
Pochi giorni fa è entrato nel bar il marito di Carmen , con fare straffottente si è rivolto a me:- Carmen è una scema, si è fatta mettere la catena come un”gaggio”, vive in un appartamento, lavora e sta coi figli, schiava dell’ assistente sociale, puah, figli ne poteva avere quanti ne voleva e prima o poi sarebbero tornati anche gli altri, puah- e intanto buttava giù wisky con occhi dolenti.
Perchè tu non ce l’ hai fatta Jacinto?

NESTORE

NestoreNESTORE

Mi sentivo come un uccello in gabbia, che sbatteva le ali disperato, tentando stupidi voli che andavano a cozzare contro le inferriate della gabbia, la quale diveniva sempre più angusta. Non sapevo più dove aggrapparmi, avevo smesso di mangiare, di dormire, di leggere; al lavoro ero come un’ automa, la cosa che più mi era facile, era fumare.
Il mio corpo si attaccava disperatamente alla vita, e trovò due fili a cui agganciarsi.
Un filo fu il web.
L’ altro filo fu Nestore.
Nestore lo avevo incontrato sulle pagine del mio quotidiano preferito, lui vi scriveva ed io mi ritrovavo in quelle righe.
Avevo notato che i suoi articoli erano pubblicati soprattutto la domenica ed io avevo iniziato ad aspettare quel giorno con trepidazione. Un giorno trovai un suo scritto in cui lui parlava di una sua compagna la cui vita l’ aveva trasformata… non più donna ma scimmia. La mia mente vacillò, pensai che quella scimmia ero io, trovai che in quelle righe
c’ era la mia situazione e perciò non ero sola in mezzo al mare di dolore, qualcun altro stava come me.
Poi piano, piano, le cose mutarono, i mesi passarono, arrivò l’ estate, il sole, il mare, la vita.
Continuai ad aspettare l’ uscita degli scritti di Nestore, ma non più con la dolorosa, folle eccitazione di esserne parte.
In autunno arrivò una e-mail, inizialmente pensai ad uno scherzo, era di Nestore. Aveva letto nel web un mio commento su di lui, lo aveva trovato in un blog dove io andavo spesso a scrivere le mie impressioni. Nestore si era incuriosito della sua fan e mi aveva rintracciato.
Siamo diventati amici di web, ma per me è un amico e basta.
Nestore assomiglia fisicamente a Trentalance ed è una carpa del Fiume Giallo, la quale fa più fatica delle altre carpe in quanto nuota controcorrente.
Nestore è un uomo della nebbia e del sole, mi piace immaginarlo a bordo della sua Mini Minor color carta da zucchero, mentre percorre la strada della sua vita evitandone i segnali di indicazione, perchè Nestore preferisce essere libero.
Ciao Nestore, questa mattina ho letto la lettera che tu hai pubblicato per il tuo amico di penna milanese, io ho voluto fare questo racconto per te… sai ho i neuroni specchio sempre accesi.

IL TENORE

Il TenoreIL TENORE

Non potevo sopportare il Tenore.
Arrivava al bar con Giulietta, la sua compagna, ed io dovevo portargli il caffè in auto, perchè era paralizzato.
Mi prendeva le guance e mi dava un pizzicotto, mi sorrideva, ed io pensavo che avrei voluto dargli un pugno dritto sul suo faccione.
Trattava tutti con sufficienza, anche Giulietta.
In paese avevano timore reverenziale per lui, poi gli sparlavano dietro le spalle. Ma non sapere non fa male, a Giulietta invece i paesani le ridevano in faccia, e questo fa molto più male.Giulietta mi aveva fatto vedere i forzieri pieni di abiti incredibili, di mantelli, turbanti, piume, boa di struzzo , coppe, diademi, corone….oro, incenso e mirra, erano i costumi di scena delle opere liriche in cui aveva cantato il Tenore, lui li aveva collezionati tutti. Il Tenore aveva cantato nei teatri di tutto il mondo, anche al Metropolitan di N.Y. , un tempo era stato famoso.
Io lo odiavo perchè sgridava Giulietta davanti a tutti, la offendeva pesantemente perchè mangiava troppi dolci e diventava sempre più grassa.
Quando morì, lasciò a Giulietta solo un vitalizio ed i forzieri con gli abiti di scena.
Io credevo di odiarlo, credevo che disprezzasse Giulietta, capii più tardi, che il Tenore aveva molto amato la sua compagna.
Giulietta non aveva il senso del “mio” e se avesse ereditato i beni del Tenore li avrebbe regalati agli uomini che le si appiccicavano numerosi e parassiti.
Il vitalizio era stata la scelta più giusta per lei.
Giulietta morì ancora giovane, per problemi legati al suo eccessivo peso.

GIULIETTA

Giulietta1GIULIETTA

Arrivava in paese al volante di una spider decappottabile azzurro cielo, scendeva dall’ auto quasi danzando, gli occhi ridenti, immancabilmente regalava una risata, tale e quale al suono di un clarinetto, una risata come un’ infilata di perle cadenti.
Giulietta è un’ insegnante, agli inizi degli anni settanta, è un titolo di prestigio, sinonimo di serietà ed autorità, paragonabile al prete e al dottore, almeno per uno sperduto paesino della campagna ravennate. Giulietta lascia casa, famiglia e lavoro per andare a convivere con il Tenore, già sposato con figli, più vecchio di lei di trenta anni e con una nomea di vecchio maiale depravato.
Per quei tempi uno scandalo enorme.
Giulietta arriva in paese, scende dall’ auto danzando, con il sorriso di perle, vestita come una regina. E’ una brava sarta ed adatta alla sua figura gli abiti di scena del Tenore.
Il Tenore ha calcato i teatri di tutto il mondo ed ha forzieri pieni di cose meravigliose.
Il Tenore è terribile, inveisce contro Giulietta perchè spende troppi soldi per i dolci.
Giulietta è capace di nascondersi nel bagno del bar del paese e divorare una torta gelato da dodici porzioni, mentre il Tenore urla dall’ auto:- Giulietta, Giuliettaa, brutta grassona, Giuliettaaa vieni subito qua”.
A volte Giulietta deve vuotargli il pitale, il Tenore dopo pochi anni di vita assieme è rimasto paralizzato in un incidente, perciò tiene il pitale in auto per i suoi bisogni. Giulietta passa col pitale davanti ai divertiti avventori del bar e lo svuota in bagno.
Io al Tenore tirerei un dritto, un bel pugno diretto.
Ma perchè Giulietta non lo lascia e torna a fare la maestra.
Già perchè.
Quando il tenore morì, Giulietta non aveva neanche quaranta anni ed il vecchio taccagno lasciò la villa, il podere e le case agli eredi ed a Giulietta solo un vitalizio.
Giulietta rimasta sola non tornò a fare la maestra, diede amore a tanti, così leggermente, senza legarsi mai a nessuno.
Giulietta aveva un sorriso che non ho mai più trovato.

SENZA FINE

mantraSENZA FINE


Senza fine mi dicevi
sul finire io replicavo
ma in fondo
dei due
ero io quella che più credeva.
Senza fine può essere un bacio
uno sguardo
ed anche un orgasmo
ero io quella che più credeva
per il semplice fatto
di avere una paura blù
di tutto ciò che finisce
ero io quella che più credeva
e perciò mai avrei iniziato una storia con te
senza inizio è senza fine.
Ma tu mi hai detto, vieni con me
senza fine mi dicevi
ed io sapendo che è sul finire
sono venuta lo stesso.

 

Paola Tassinari