Chi troppo vuole nulla ottiene

serpente 1Chi troppo vuole nulla ottiene. Questo detto mi piace tantissimo, penso che sia un brutto vizio lo stravolere e chi ne è preso mi fa un po’ pena, perché anche per lui alla fine c’è il nulla, la roba non la porta con sé e spesso i figli o i nipoti mandano in malora tutto. Penso a chi accumula, accumula, accumula, pavoneggiandosi di quello che ha e avido vuole sempre, incurante e non vergognandosi di avere esageratamente tanto, in confronto agli altri, fisicamente si trasforma pure: il petto esageratamente all’infuori come un gallo. Infatti questo modo di dire ha origine da una gallina, in una favola di Esopo. C’era una volta un contadino che aveva una gallina speciale che faceva un uovo al giorno… tutto d’oro. Il contadino manco guardava o ringraziava la gallina, prendeva l’uovo, lo vendeva al mercato, nascondeva i soldi anche alla moglie, la quale, poveretta, lavorava dalla mattina alla sera nei campi. Avido, incontentabile e inappagabile, pensò a quanto oro avesse dentro di sé la gallina, prese un coltello e uccise la gallina. Ma dentro  le sue viscere non trovò nulla, il contadino rimase senza gallina e senza uovo d’oro. Accontentarsi è una parola d’oro, significa apprezzare ciò che si ha, quindi non si cercherà l’accumulo ma il benessere che è altra cosa.

Tra il dire e il fare c’è di mezzo il mare

gatto 2Tra il dire e il fare c’è di mezzo il mare recita un vecchio proverbio popolare che significa che a volte si ha tendenza a parlare molto senza costrutto ovvero a fare promesse che poi, si sa, non vengono mantenute.   (In questo caso i politici la sanno lunga). Le parole possono essere pietre o carezze, possono dare stimolo, ma da parte mia rifuggo da chi parla troppo e promette spesso. Secondo la psicologia io dovrei essere quindi una ciarlona perché si disprezza chi ha i nostri difetti, invece no, sto molto attenta a fare promesse e le mantengo anche se mi costa sacrificio e se inavvertitamente mi scappa una parola di più, la mantengo e la metto in opera. Devo confessare però che oggigiorno per quieto vivere sono costretta a dire bugie. Io credo che la parola sia inutile se non è seguita dal fare, ma tra il dire e il fare c’è in mezzo appunto il mare, un’immensità, e quando mi capita da qualcuno il contrario, dal dire si passa al fare, ne sono sempre stupita e contenta. Ma veniamo ad una bella favola di Esopo che spiega bene il concetto. C’erano dei topi che vivevano in una casa dove c’era un diabolico gatto, i sorci soffrivano perciò una grande fame, terrorizzati di uscire dai loro nidi. Si riunirono tutti per trovare un’idea e un topolino disse:“Ho io la risoluzione dobbiamo attaccare un campanello alla coda del gatto. Quando si muoverà, il campanello suonerà,noi sapremo dove sarà e potremo così uscire in cerca di cibo”. I topi si misero a  saltare euforici, convinti dalla grandiosità dell’idea, finché il topo più anziano domandò: “Chi andrà ad attaccare il campanello?”. Tutti mogi e zitti … nessuno si offrì volontario, nessuno alzò la zampina.

“Ciò che per il bruco è la fine del mondo per tutti gli uomini è l’inizio della vita” (Lao Tzu),

gatto 1“Ciò che per il bruco è la fine del mondo per tutti gli uomini è l’inizio della vita” (Lao Tzu), questa frase è meravigliosa è più che una speranza di vita eterna. Molto poco si conosce sulla vita di Lao Tzu, fondatore del taoismo, è una figura leggendaria  che è stata nel corso dei secoli, mitizzata e divinizzata. La leggenda vuole che nacque da una vergine, dopo vari anni di gravidanza, per alcune versioni otto, per altre sessanta, ottanta, o anche 97; la madre rimase incinta mentre contemplava una stella cadente. Forse in Lao Tzu si fonde il pensiero filosofico di più persone lungo varie generazioni. La fine del mondo del bruco è ciò che per noi è la morte. Quando è giunto il tempo i bruchi si avvolgono in un bozzolo intricato, ossia la crisalide, come è la cassa da morto per noi, dal quale usciranno giorni o settimane dopo, sotto forma di una bellissima farfalla o falena. Quindi perché non può essere possibile che noi dopo aver trascorso la nostra vita, di solito un po’ da bruchi, cioè non tanto perfetti, anche il più buono di noi qualche difettuccio lo ha, dopo un tot di tempo non ci trasformiamo in uno stato sconosciuto ma bellissimo? Quando il bruco che striscia sulla terra si costruisce la sua “bara” mica conosce ciò che diventerà? Mica si immaginerà di volare, lui che strisciava?     

Ferisce più la lingua che la spada

tris 7Ferisce più la lingua che la spada questo è un aforisma antico lo si fa risalire a Eraclito uno dei maggiori pensatori dei presocratici. Lalingua, la penna, ovvero la parola e il dialogo è il simbolo della democrazia, e del rapporto umano tra gli uomini.  La spada invece rappresenta la guerra, il dolore, l’ uomo violento ecc.  Beh mi sembra che nonostante l’età questo aforisma possa resistere anche oggi, è ben vero che dalla spada si è passati alle armi di sterminio ma è anche vero che i media influenzano tutta la popolazione. Il problema è, secondo me, che la penna si è messa al servizio della spada, si inizia con le parole un po’ spinte, poi si scrivono parole menzognere, quindi si martella e si insiste e poi alla fine quasi tutti si convincono che la guerra è utile e buona e si sguaina la spada. Intendo la locuzione di Eraclito come se egli intendesse proprio questo, che il fatto è preceduto dalla parola, prima la penna e poi la spada.