ROMINA

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ROMINA

Romina si rimpinza di pasticcini, di gelati, di salatini, tutto quello che trova nella dispensa e nel frigorifero se lo ingurgita.
Si fa schifo, a quel corpo che urla dolore, Romina gli da cibo, come si fa coi poppanti, quando piangono e gli si dà il biberon o il ciuccio intriso nel miele o nello zucchero.
Sazia, piena di cibo all’ inverosimile, le cade addosso una pesantezza enorme, il torpore che è preludio del sonno.
Il sonno, non il dormire, ma il sonno cioè il sono rafforzato.
Un anno prima era così sicura di sè, amata, sorridente e vincente.
Era in un albergo, a Roma sull’ Aventino, la mattina dopo si sarebbe sposata col suo principe azzurro.
Lo amava così tanto.
Inizialmente era preoccupata dai modi snob di GianLuigi. Li aveva attribuiti ad una maschera, per difendersi da certi ambienti del tipo radical/chic che era solito frequentare.
Non era riuscita a chiudere occhio, l’ emozione la divorava.
Alle cinque non potendone più, si era alzata, aveva dato una mancia al portiere e aveva chiesto un caffè; ed era uscita a passeggiare per una Roma deserta e splendida.
Ad un certo punto, dolori secchi all’ addome, improvvisi e violenti.
Si rese conto di essere lontana dall’ albergo, bar o altri luoghi pubblici, era l’ alba ed in giro c’ era solo lei.
La decisione fu improvvisa, in un vicolo, vide un piccolo cantiere di restauro con assi e mattoni, si abbassò, evacuò.
La più gran cagata della sua vita.
Coprì il tutto con dei fogli di giornale, trovati lì in giro e si dileguò in fretta.
Frastornata, arrivò all’ albergo, si mise sotto alla doccia, non riusciva ad uscirne, l’ acqua lavava lo sporco e contemporaneamente scivolava dalla sua mente l’ imbarazzo di quello che le era capitato poco prima assieme ad uno strano presentimento.
La cerimonia, il ricevimento, la notte, il viaggio di nozze fu un caleidoscopio .
Dopo qualche mese, fu costretta ad aprire gli occhi, lei era stata per GianLuigi un capriccio, un gioco nuovo.
Romina, silenziosamente si era messa da parte, ed ora divora pasticcini per consolarsi.
Si chiede se la sua vita non possa riprendere energia da quella gran cagata che fece sull’ Aventino. Ora la vede in maniera diversa, il suo corpo sapeva già ed aveva risposto in maniera eccellente. Era stata lei che lo aveva costretto a quella farsa di matrimonio, il corpo aveva risposto cosa ne pensava.
Da lì deve ripartire.
Il mio corpo mi vuole bene, io devo amarlo, egli è il contenitore ed ha importanza quanto il contenuto.
Domani è un nuovo giorno.

VIOLA

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Era una bella signorina coi guanti di pizzo, ma era debole di mente e passò tutta la sua giovinezza tra mura grigie.
Riesce ad evadere però, e sposa Adamo.
Si sposa e va a vivere nella bella casa di campagna di famiglia.
Qui vive la vita che le piace.
E’ buona, generosa, conosce le erbe, sa intrecciare il vimine ed ha una sua filosofia in cui non c’ è posto per preti e Stato.
Rifiuta la pensione, dice: – datela a chi ne ha più bisogno-.
La gente la critica, ma solo alle spalle, in fondo, in fondo, ma proprio in fondo, la amano.
Lei vive libera con Adamo, la sua vita.
Inizia, però a gonfiarsi, prima le gambe e poi la pancia.
Poi comincia a vagheggiare, dice che ha la pancia perchè è incinta del Cristo Bianco.
Il Cristo Bianco salverà il mondo.
E’ una corsa fra gli abitanti per conoscere la bizzarria del gioco.
Corrono a casa sua, per informarsi sulla sua salute.
E poi ridono, ridono per le contumelie che lei dice.
Viola ne ha avuto abbastanza dei medici durante la sua giovinezza, e da quando è uscita dalle mura grigie, non ha più voluto a che fare coi dottori di nessuna Facoltà.
Finalmente qualcuno avvisa il medico condotto, il quale si reca a trovarla e la fa ricoverare immediatamente.
Il Cristo Bianco era un tumore.

ADAMO

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ADAMO

Quando pensava di rimanere in compagnia solo della sua solitudine, incontra Viola.
Viola, era rimasta venti anni, tutti quelli della sua giovinezza, in una clinica psichiatrica. Era riuscita a venirne fuori.
Si incontrarono, si amarono, si sposarono.
Viola, pretese la sua parte di eredità: una casa colonica con un vasto terreno agricolo.
Qui Adamo e Viola vivono come a loro piace.
Nel loro terreno non usano veleni, nè concimi e non fanno neanche la rotazione delle colture.
Tutto quello che nasce vive, querce, erbacce o grano.
L’ erba non viene tagliata, ma mangiata dai conigli.
Viola fabbrica delle grandi ceste di vimine, i conigli vengono posti sotto queste ceste, queste ultime sono poste in mezzo al prato.
Il metodo funziona.
Gli animali, tanti, non si uccidono, neanche topi o mosche.
Per sgranare i fagioli, i piselli o il frumento, vengono distesi sul pavimento della cucina. Qui camminandoci sopra si sgranano.
Il podere si trasforma in un’ oasi incontaminata.
I bambini amano quel luogo, i grandi molto meno.
Viola muore, un tumore la porta via.
Adamo, solo si sente sperduto.
Eredita parte del podere e parte della pensione di Viola.
Viola l’ aveva sempre rifiutata, perchè non voleva essere mantenuta dallo Stato.
Adamo viene poi adottato da uno straniero, che se lo porta via.

immagine di Paola Tassinari

Malipiero

 

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Era nato un anno imprecisato dell’ inizio del millenovecento.
Non sapeva nè leggere, nè scrivere, solo lavorare sapeva.
Disagiato, fu costretto ad andare a lavorare in Africa, nelle nuove terre conquistate dal duce.
La famiglia lo diede per disperso, egli non scrisse mai a casa, anche se i famigliari si erano raccomandati, a braccia in croce, di rivolgersi a qualcuno che sapesse scrivere.
Invece, dopo qualche anno ritornò.
Non aveva dato sue notizie, perchè aveva perso il cartoncino col suo indirizzo di casa.
Iniziò il duro lavoro di    un bracciante, aiutato da una cooperativa rossa.
Si sposò, ebbe un figlio, campò.
Rimasto vedovo e solo, iniziò a portare sempre una maglia rossa, e ad affiggere una copia fresca di giornata dell’ Unità, la sua bibbia, alla sua porta di casa.
Salutista, si cibava dei prodotti del suo orto. Il suo più grande successo, era una vigna nata spontaneamente dai suoi escrementi; infatti, svuotava metodicamente il pitale nell’ orto, con grande sprezzo dal vicinato.
Decise di risposarsi.
Si rivolse ad un sensale, questi organizzò un pullman, con altri uomini nelle stesse condizioni di Malipiero, che partì per l’ Abruzzo.
Tornò con una sposa.
Ridenti, chiassosi ed allegri, gli sposi viaggiavano su un’ apecar.
Lui alla guida, lei seduta in poltrona sul cassone del veicolo.
Erano molto amati dai bambini del luogo.
Poi lei morì per un tumore.
Lui intristì.
Non lo si vide più.

immagine di Paola Tassinari