Non dare le perle ai porci

niburu 1Non ite mittere margaritas ante porcos ovvero questo è il celebre modo di dire… non dare le perle ai porci. La frase si riferisce a raccomandazioni che Cristo fa durante il Discorso della Montagna, completa la frase dice così: “Non date ciò che è santo ai cani e non gettate le vostre perle ai porci, perché non le calpestino e, rivoltandosi, vi sbranino”. Significa dare qualcosa di prezioso, d’importante, di bello, a chi non ne è degno o non è in grado di apprezzarlo. Il detto, è preso dal Vangelo di Matteo che traduce un precedente greco che sembra a sua volta riallacciarsi al Deuteronomio.  Qui si prescrive di non portare nella Casa del Signore né la ricompensa di prostitute né il denaro dei cani, ossia di coloro che seguivano culti pagani, il che sembra riportare al concetto del cane come animale impuro e al detto “cane infedele”; la tradizione cristiana tuttavia identifica le perle con i sacramenti e i cani come i non battezzati, e raccomanda di non dar loro ciò che è santo, cioè l’Eucarestia. Ma nel sentire comune oggi le perle vengono regalate dai buoni, amano talmente tanto che si buttano via e donano anche a chi fa loro male, l’altro non riconosce la perla e la schiaccia, tanto che importa lui è buono, possiamo calpestarlo, non dirà nulla. Gesù forse intendeva proprio questo, come poi sta dicendo oggi Papa Francesco, col difendere la madre anche con un pugno, o uno scappellotto al figlio quando lo merita. Amore è condivisione, se doniamo troppe perle ai porci, causiamo disarmonia, perché i porci non faranno la loro parte, se non donate più perle si accorgeranno di ciò che  valgono. Oggi in questo mondo così egoista, voglio dire a chi è calpestato perché regala sempre perle…  “Le è perdonato molto, perché molto ha amato”, disse così Gesù alla grande peccatrice.

sono perdonati i suoi molti peccati, perché ha molto amato

tokio 1In quel tempo, uno dei farisei invitò Gesù a mangiare da lui (..) Ed ecco, una donna, una peccatrice di quella città, saputo che si trovava nella casa del fariseo, portò un vaso di profumo (…).Vedendo questo, il fariseo che l’aveva invitato disse tra sé:“Se costui fosse un profeta, saprebbe chi è, e di quale genere è la donna che lo tocca: è una peccatrice!”. Gesù allora (..) volgendosi verso la donna, disse a Simone:“Vedi questa donna? Sono entrato in casa tua e tu non mi hai dato l’acqua per i piedi; lei invece mi ha bagnato i piedi con le lacrime e li ha asciugati con i suoi capelli (…) Per questo io ti dico: sono perdonati i suoi molti peccati, perché ha molto amato (…)” . Frase bellissima l’amore “batte” i peccati, è qualcosa di rivoluzionario per la religione, se da una parte ci esorta  a non dare amore a chi non lo merita (non dare le perle ai porci) dall’altra ci dice che l’amore vince tutto  “Amor vincit omnia”, come scrive  Virgilio negli stessi anni. Amore inteso come valore e sentimento, quella forza infuocata dentro di te che non ti fa vedere sacrifici, umiliazioni, ma solamente aiutare, sostenere, consolare, accarezzare, abbracciare gli altri con amore senza secondi fini, come fa un bambino con la sua mamma e lei con lui.

Domani è un altro giorno e si vedrà

rondine 2Domani è un altro giorno e si vedrà è la frase conclusiva del famoso film “Via col vento”, quando Rossella l’indomita protagonista è lasciata da Rhett, l’uomo che l’ha sempre amata e che Rossella ha sempre detestato, proprio quando lei si accorge di amare solo lui in quanto è simile a lei, ma lui ora non la vuole più. Un po’ come capita nell’Orlando Furioso, dove quell’antipatiche fontane, una dell’amore e una dell’odio fanno sì che non ci sia mai l’incontro. Rossella è disperata, Rhett le ha detto: “Troppo tardi, non ti amo più”, ma all’improvviso alza la testa:“Domani è un altro giorno, e si vedrà”. Lasciandomi un minimo di speranza, io che avevo parteggiato per Rhett  già all’inizio del film, arrabbiandomi con Rossella che si era innamorata di un debosciato. Dall’indimenticabile film, la frase è passata nell’uso comune nel senso di “intanto facciamo così, poi si vedrà”, equivalente allo spagnolo  “que serà serà”… sarà quel che sarà, ma intanto pensiamo energicamente a ciò che vogliamo, la forza del pensiero conta.

Banzai

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Banzai non è un modo di dire, è una parola giapponese,credo che in Italia pochi la dicano, e quei pochi l’intendono scherzosamente come grido di battaglia: come dire “mi butto” ma  in giapponese, è un’esclamazione di gioia che significa “diecimila anni”, sottintende di vivere diecimila anni. Banzai è quindi l’esclamazione che io dico ora dentro di me per un mio quadro che sta partendo per Tokyo e così gli auguro diecimila anni di vita in Giappone. Banzai è un’esclamazione pronunciata quando si è felici, contenti, o lieti,   simile a  “Viva” in italiano. L’origine etimologica risale all’antica Cina: era usata per augurare lunga vita dell’   imperatore, e anche in Giappone fu usata per questo. Durante  la seconda guerra mondiale, ai giapponesi veniva insegnato che l’Imperatore era divinità sotto forma umana e i soldati giapponesi attaccavano gridando così: “l’imperatore, banzai”, il banzai diventa così l’urlo del kamikaze, il grido di battaglia. Non richiama più la felicità e l’allegria, ma io voglio farlo tornare alle origini e quindi vi lascio con …banzai a tutti!