Perdere la bussola

rondine 4 Perdere la bussola o perdere la trebisonda hanno lo stesso significato di perdere l’orientamento, quindi metaforicamente di non avere punti di riferimento, nessuno che possa illuminare su ciò che è da fare, è sentirsi sperduti, consapevoli di essere in balia delle onde ma non avere la bussola cioè un punto di riferimento sicuro. Dagli antichi il mare era considerato sinonimo di grave pericolo, senza bussola ci si perdeva in mezzo all’immensità del mare anche se ai tempi si andava di cabotaggio. Trebisonda, è qualcosa che realmente esiste: si tratta infatti di una città dell’odierna Turchia affacciata sul Mar Nero, di grande importanza poiché sicuro punto di riferimento per tutte le imbarcazioni che attraversavano le acque del mare antistanti. Trebisonda era situata in un punto visibile e facilmente riconoscibile, quindi un punto visivo sicuro per orientarsi. Non mi piace perdere la bussola ma qualche volta è bello perdersi in una città, nelle calli di Venezia per esempio, andando senza meta e correndo veramente il rischio di perdere la bussola, anche con la nebbia è bello a volte perdere la trebisonda, ma riconosco che qui i pericoli sono assai lievi.

 

FARE FIASCO

 

fiascoI modi di dire, i proverbi, mi hanno sempre affascinato perché vi ritrovo la vera saggezza popolare. Tutti sappiamo che fare fiasco vuol dire fallire in un’impresa avendo peccato anche di boria. Si dice che l’espressione nasca altrove: un fiasco sarebbe stato all’origine dell’insuccesso di Domenico Biancolelli, il famoso teatrante, il più celebre Arlecchino italiano in terra di Francia e il comico prediletto da Luigi XIV, che in una sera sfortunata improvvisò un monologo con un fiasco e venne sonoramente fischiato. Si dice anche che “fare fiasco” nasca dal mestiere del soffiatore di vetro, nel senso di ottenere un fiasco al posto di una forma più bella e difficile da effettuare. Altri dicono che deriva dall’usanza dei veneziani di gettare i frantumi di vetro in un fiasco.  Eppure c’è altro…la radice di fiasco porta al termine: fiandrone che significa uomo di Fiandra e che si usò per definire uno spaccone, volgarmente usando il termine principe dei romagnoli:un pataca, uno che si vanta di prodezze fatte fuori dal paese, come i militi che tornavano dalle guerre di Fiandra millantando eroismi ed invece erano fuggiti. Quindi chi fallisce, chi perde non farà mai fiasco se saprà essere umile ed ammettere la sconfitta.

Tanto va la gatta al lardo che ci lascia lo zampino

gatto 1Questo proverbio lo ascoltavo da piccola e non lo comprendevo, perché il gatto non poteva mangiare il lardo, che era pure cattivo e rancido, io non l’ho mai voluto mangiare, piuttosto stavo a digiuno, dunque perché il povero gatto doveva papparsi il lardo e lasciarci una zampa? Varie sono le ipotesi, quella più gettonata racconta di un uomo che conservava del lardo a casa sua. La sua gatta si mangiava di nascosto il lardo poco a poco. Il contadino mise una trappola per catturare i topi. La trappola era piccola per la gatta ma non per la sua zampa che rimase intrappolata. Questo modo di dire secondo me a che fare con l’abitudine, filosoficamente parlando è simile alla storia del tacchino di Popper. Questo pennuto era abituato a ricevere tutti i giorni il cibo, quando venne il giorno di Natale, fu lui ad essere mangiato. Quindi qualsiasi cosa che fate per la prima volta vi sembrerà pericolosa o perlomeno sarete un po’ ansiosi, poi l’abitudine vi darà la sicurezza a quel punto zac…l’imprevisto non visto. Ciò vale per un ladro, ma anche con l’assuefazione di droghe, alcol o sigarette, ma anche con una buona azione ci si può lasciare lo zampino…  in questo caso ci si arricchisce.

Gli ultimi saranno i primi

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“Così gli ultimi saranno primi, e i primi ultimi, perché molti son chiamati, ma pochi eletti”. Così disse Gesù in una parabola che racconta del proprietario di una vigna, che va al mercato di prima mattina, per assumere lavoranti a giornata, poi vi ritorna in ore più tarde. Alla sera i lavoranti si riuniscono per essere pagati. Gli ultimi vennero pagati prima ricevendo una moneta per ciascuno, quelli che avevano lavorato tutta la giornata s’aspettavano molte più monete, ma ciò non avvenne, ed essi si arrabbiarono. Allora il vignaiolo li rimproverò, dichiarando che avevano ricevuto il pattuito; che egli aveva diritto di fare del suo ciò che gli piaceva; e che era una vergogna invidiare coloro con cui era stato più generoso. Con tutto l’affetto che ho per Gesù, questa parabola assieme a quella del figliol prodigo non mi piace. Qui il vignaiolo doveva regalare almeno due monete a tutti, così sarebbe stato veramente generoso, anzi siccome il primo era lui, che possedeva la vigna, doveva dividere il ricavato dell’uva con tutti quelli che avevano lavorato alla raccolta.  Qua i primi alla chiamata avevano eseguito un lavoro assai faticoso, non erano mica stati seduti sulla spiaggia, quel vignaiolo è stato solo capace di rovinare tutto, anche la gioia di chi aveva lavorato poco, ottenebrata dalla sacrosanta gelosia e invidia di chi aveva lavorato molto. Il messaggio di Gesù allora significa che la vita è ingiusta ma che chi crede in lui ama anche l’ingiustizia, l’accetta senza arrabbiarsi e… la pillola va giù.

L’uccellin che vien dal mare

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L’uccelin che vien dal mare
quante penne può portare?
Può portarne ventitré
a star sotto tocca a te.

Questa filastrocca è una conta, di solito a chi toccava l’ultima sillaba era il primo a dover fare qualcosa, magari solo il primo a nascondersi e quindi favorito, altre volte invece il primo era sfavorito, tutto dipendeva dal gioco da fare. Ricordi d’infanzia, dove nascono le conte? Molto probabilmente molti anni fa, quando c’era d’avventurarsi in un destino ignoto, il fato è sempre oscuro ma se te lo vai a cercare è probabile che accada qualcosa al di fuori delle abitudini. La conta a che fare con l’estrazione della pagliuzza più corta o col lancio della moneta, è quindi un sorteggio che ha la stessa etimologia di ‘sortilegio’, cioè stabilire qualcosa tramite il caso o un tempo antico per mezzo degli dei. Analizzando l’innocua conta dell’uccellin possiamo trovare nel volatile uno dei simboli più forti degli aruspici degli antichi romani. Questo uccellino viene dal mare, luogo sinonimo di pericolo per gli antichi greci, paragonabile oggi allo spazio, lo stesso luogo ignoto e perciò spaventoso, solo i più coraggiosi partono. Quante penne può portare…23, ebbene questo numero nella cabala significa o una grande sfortuna o un’eredità inaspettata che causerà invidie e gelosie. Morale rischiare solo se si ha la passione, non farlo per denaro. Certo oggi è una semplice conta, ma tante cose si sono tramandate nelle favole, nelle filastrocche, nei proverbi ecc., non sembra ma nella cultura orale, la voce resta, forse più della scrittura… è la forza della poesia.

Fare lo gnorri

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Fare lo gnorri, l’indiano o il nesci è ravvisabile nel comportamento di chi fa mostra di non sapere o di non capire. A volte è l’unica strada percorribile, se non vuoi rispondere, se tieni alla tua riservatezza o semplicemente non sai che pesci pigliare è bene fare lo gnorri. Avete presente quando state andando tranquillamente per strada con il telefonino incollato all’orecchio e all’improvviso arriva la paletta di una volante che vi ferma. Che fate? La faccia dello gnorri e state zitti sperando che vi vada liscia. Da un punto di vista etimologico, l’espressione fare lo gnorri, è connessa con il verbo ignorare.  Anche nel caso di fare il nesci la trafila etimologica può essere ricondotta al verbo latino nescire “non sapere”. Nel linguaggio comune, fare l’indiano indica la stessa cosa di fare lo gnorri o anche di fare orecchie da mercante cioè l’atteggiamento di chi, per proprio comodo, finge di non sentire quello che gli viene detto. Sia il mercante che l’indiano qui stanno per persone astute e interessate, si allude alla capacità dei mercanti di ignorare le offerte di chi compra o vende, per alzarle o abbassarle secondo il proprio tornaconto. Ma se ci soffermiamo un po’, dobbiamo dire che gli indiani un tempo non capivano proprio gli europei, non fingevano, e per questo furono truffati ricevendo collane di perline in cambio di pelli. Quindi l’indiano non faceva lo gnorri  e tantomeno non faceva orecchio da mercante riferito a chi, come il mercante, per proprio tornaconto, fa finta di non udire ciò che gli altri dicono. E’ facile dare dello gnorri a chi non conosce le cose, si dice che l’ignoranza si paga, io non sono d’accordo, se ignori non per colpa tua non sei colpevole, ma è pure facile fare lo gnorri, cioè fingere per tornaconto, insomma questo gnorri è ambivalente.

Vade retro Satana

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Vade retro Satana, tradotta letteralmente, significa “Arretra Satana”, “Stai indietro”, oggi è usata scherzosamente con chi ci alletta con lusinghe, con chi ci distoglie dai nostri buoni propositi, anche se qualche volta si cede e poi si ringrazia “Satana” di averci tentato. Come sempre è il buon senso che ci deve guidare, né eccedere nella bontà, né abusare con soprusi, anche se qualche volta il “bastone”può andare bene. Si tratta di un versetto biblico in cui Pietro apostolo cerca di opporsi a Gesù quando questi annuncia che avrebbe dovuto essere ucciso, e Gesù subito risponde duramente a Pietro con  questa frase, in cui  il nome  “Satana” si riferisce proprio a Pietro. Perché lo fa? Nessuno deve intromettersi nella vita degli altri perché nonostante ci crediamo di aver illuminato l’ignoranza non sappiamo se ciò che decideremo al momento, sarà un giorno efficace o deleterio. Oppure Gesù sta invitando Pietro a tornare dietro, senza permettersi di precederlo, di insegnare al proprio maestro. La parola Satana indica che la reazione di Pietro e le sue parole erano del tutto opposte alla volontà di Dio, Pietro è in quel momento Satana, perché è contro il progetto di Dio, è contro chi conosce il futuro e il Tempo. Questa espressione deve la sua fama soprattutto dall’essere stata inserita in una formula di esorcismo, oggi è talmente famosa da essere quasi un proverbio.

Una rondine non fa primavera

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Una rondine non fa primavera è un modo di dire che ci ha accompagnato sin dall’infanzia. Cosa vuol dire? E’ triste ma significa che un evento, un fatto non determina nulla, se c’è una sola rondine vuol dire che questa si è persa, primavera sarà solo quando arriveranno tutte le rondini. Io invece ho sempre pensato che una sola rondine  sia l’avanguardia delle altre, la più veloce e coraggiosa che indica che fra poco arriverà lo stormo. Questo della rondine è un famoso proverbio del filosofo Aristotele, vecchio di millenni. Aristotele nella sua opera Etica Nicomachea ci dice che così come una rondine non fa primavera, ma è solo un volatile sperduto,anche una buona azione, fatta di tanto in tanto, non fa un uomo virtuoso. Ma Aristotele può dirsi il primo vero scienziato, della ragione e dell’illuminismo, Aristotele usa il ragionamento, date due premesse ne arriva una terza certa. A me piace pensare che anche una sola azione buona sia importante e che una rondine annunci la primavera, non perché si sia perduta ma perché la più coraggiosa e veloce.

 

Il troppo stroppia (o storpia)

ar var aldaIl troppo stroppia (o storpia) è un noto proverbio usato in tutta Italia per indicare la negatività di ogni eccesso. L’abbondanza esagerata, la grande fortuna, la ricchezza smodata possono diventare controproducenti. Ogni eccesso è negativo. Stroppiare è una variante di storpiare. Storpiare in quanto  guasta, deforma, corrompe tutta la quantità. Quindi se si mangia troppo poi si sta male, se si esagera con la dieta pure non va bene, troppo dolore non si sopporta bisogna anestetizzarlo, ma anche troppo bene non va, perché ci si abitua e lo si pretende sempre. Non parliamo poi della ricchezza che la si accumula con voracità, non vergognandosene neanche vedendo chi è in cattive acque, ma anzi volendone sempre di più perché quando sarà ora di morire vorrà portarsi dietro le sue ricchezze come il contadino del racconto di Verga che in fin di vita uccideva i suoi tacchini, polli, conigli, ecc per portarseli con sé. Ricordatevi il troppo storpia l’anima ed anche il fisico, perché la bellezza interiore si riflette su quella esterna. Questo proverbio vuole evidenziare che in tutte le cose occorre una giusta misura di comportamento, è la mia bandiera, il mio motto preferito che si riassume più elegantemente nella massima di Orazio Flacco: est modus in rebus.

Solo come un cane o morire come un cane

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Perché si dice “solo come un cane”, che significa anche “morire come un cane”, in modo dispregiativo, con significato di solitudine estrema? Il modo di dire, si dice nasca dall’osservazione che un cane tenuto isolato, lontano dai propri simili (come spesso succede ai cani da guardia), è sofferente e bisognoso di compagnia in quanto è un animale sociale. Se pensiamo poi a un tempo quando venivano legati a una catena, il ragionamento non fa una grinza. Ma perché si nasconde quando sente che sta per morire? Penso che si nasconda perché noi non accettiamo  fisiologicamente  la loro dipartita provocando a loro un intenso dolore. Non vogliono lasciarci, non vogliono vedere le nostre lacrime altrimenti non riescono ad accettare naturalmente la loro morte. “Solo come un cane” o “morire come un cane”, non sarebbe quindi sinonimo di emarginazione, ma di accettazione, che non vuol dire indifferenza, bensì ricevere senza poter rifiutare.