Non è il male che mi fa male

 

Non è il male che mi fa male

Non è il male che mi fa male

ma il vostro presunto ipocrita

candore, come palline di canfora

sterminate non tarme ma uomini,

di fuor dorate sì che abbagliate

ma dentro tutte di ricco piombo

bersagliate il mondo come fosse

il vostro parco giochi e sognate

d’esser ricchi, grattate e raspate

e lisciate monete e non v’accorgete

che son veneziane e ottusi e felici

remate le vostre schiave galere

Paola Tassinari alias Teoderica

 

 

 

 

Perché i miei occhi sono tristi

 

Perché i miei occhi sono tristi

Sapevo già, non chiedermi

come e perché, ma se vuoi

ti narrerò del quando

con la terra fra le dita

sentivo il grande e l’assoluto

fra il verde dei rolli incantati.

Sapevo già che le celesti sfere

girano in tondo e son così con

leggi, malie, fascini e fatture,

perché così va il mondo e

l’acqua scorre verso il piano

forte, con note sconosciute.

Così nel giorno assolato o

turbinoso delle fatiche dei fanti

e dei farabutti, s’alza per tutti

la luna, sprofondando col

senno di Orlando e di Alonso

nel pozzo, riflesso di morte o

di antiche mote di fango e

di braco. Vedi sapevo già

dell’uomo che non s’invola

e di ciò che era il mio destino,

di folle Cassandra, di grillo parlante,

menagramo ormai schiacciato e fallito.

Sapevo già che avrei mangiato

e sgranato gli arilli del melograno,

sibilla, indovina, pizia, ape regina,

di sconosciuti profeti, nella rete

degli alieni raggi ambrati, di fasci

di luce di altre stelle, per questo

i miei occhi sono tristi, vedono e

piangono e trovano riposo solo in

mondi paralleli dove vi è innocenza.

Paola Tassinari alias Teoderica

 

 

La Venere sgualdrina

La Venere sgualdrina

 

We live, as sogni, come night’s dreams,

così mai finisce il mondo, noi siamo eliot

e carbonio, carbone illuminato e malandrino.

 

Lei, una zampina di topina, i cui stivalini si

erano attaccati all’attak, lei, lei, svelta se li

è tolti e si è infilata nel letto del re dei topi di

fogna, credeva di aver trovato il parmigiano

reggiano, trovò la puttanesca morte in croce,

consolata da un morso di spaghetti al sugo di

pomodori, aglio, olive nere, capperi e origano.

 

Lei, lei è uno squillo di tromba che piange e

chiede miami? Lo fa ballando il TAPS. Sgualdrina

dal cuore pieno di cenere di militi insaccati in neri

sacchi di spazzatura. Come si sta nei fossi rossi di fango?

Coi tuoi compagni di tango che saltano e brillano?

Lei, lei, la sgualdrina, li accompagna col suo ritmo,

serto di mirto sul suo seno. Riso italiano, sì riso!

 

Quale relativo nominale usare per un

sì amaro riso? Il mio dolore è tale che

non so più se rido o piango o se non

piango e rido. So che manco più dove

ho il cuore tanto, che non so più se voglio

Mozart o le sue palle. Orno tutto e tutti

di fiori, stelle e sogni e mica mi contento.

 

Se qualcuno di voi miei amici vuol sentire quel che

sento e mento e tento, suonerò il trombino barocco:

trtrtrtt ttt  tr  risodì, fanculet, intèculot, ciccicoccò.

 

Paola Tassinari alias Leo

 

 

Hacker

Hacker

Lor signori non contatemi balle,

che le guerre son finite

se volete o voi potenti,

ma preferite il business

delle armi, che ne avete

tante, da qualche parte

andranno bene usate,

non contatemi balle,

che le guerre son finite

perché basta violare, decifrare

hackerare per fare la guerra oggi.

Paola Tassinari alias Teoderica

Maggio e il profumo d’acacia

Maggio e il profumo d’acacia

Esci, chiudi la porta,

velocemente e sempre

in corsa, di potere o di

tempo, fa lo stesso, non

fermandoti mai, utile, devi

essere utile, lavorare,

devi essere producente,

per comprare le merci

così non pensi che al

guadagno, frutto, profitto,

vantaggio, interesse, tornaconto,

acquistare, entrare in possesso,

accaparrarsi, fare la spesa, acquistare,

ma ti avvolge un profumo improvviso

dolce, inebriante, voluttuoso,

agreste, denso, prezioso e antico

è maggio e il profumo d’acacia ti

ricorda gli amori le speranze le illusioni,

ti coglie la voglia di fermarti, ma è solo

un attimo di tregua, al lavoro, al lavoro.

Paola Tassinari alias Teoderica

 

 

 

Fiorello Paci, vale

Fiorello Paci, vale

Utet e libri, interviste

ai potenti, musici e cantanti

radio, giornali, televisioni,

figli e nipoti e poi Grazia

compagna di vita e di monti,

di alieni, progetti a Pratieghi

di boschi torinesi e toschi

e di Nespoli l’amico brioso

e infine il Veliero coi suoi

quattro santi, foglio del bello

e del buono che mi hai insegnato.

Ora veleggi fra le nuvole dei beati

col triplice segno del Credo,

mente saggia e ferma, voce allegra

veritiera e cuore leggero di piuma.

Stai là, come allegro fringuello

e forse avrai un’auto o una nuvola

con cui seguitare le pazze tue corse.

 

Paola Tassinari alias Teoderica

 

Masca, mascara, maschera, mosca …

Masca, mascara, maschera, mosca …

Metti la tua maschera

da stregone o da ruffiano

in velluto o in cartone

di ferro o di Balanzone

lo sai che non se ne

può fare a meno.

Se il mascara rende

lo sguardo intenso

a lei e alle altre, poi

cola nell’ora del pianto

in rivoli scuri e neri,

così è la maschera.

La usi per abbellirti

nasconderti e integrarti

poi piangi perché celi

e nascondi i tuoi cieli.

Metti la tua maschera

lo sai che non se ne

può fare a meno,

è il giusto mezzo, per

ogni giorno, ogni incontro

se la togli già sei un pazzo.

Metti la tua maschera,

la felicità non è non averla

è avere qualcuno che ti

accetta, così come sei,

una mosca bianca o nera.

Metti la tua maschera,

la felicità non è non averla

è avere qualcuno con cui puoi toglierla.

Paola Tassinari alias teoderica

 

Quando le ombre sono più corte

A volte la tristezza
improvvisamente
e silenziosamente
ti viene accanto
e ti accarezza
come un lupo
affamato, si ferma con te
e ti osserva di sguincio
diventa la tua ombra e
non ti molla, non puoi
fare altro che far finta di niente
tenendoti la notte, aspettando
Il mattino quando le ombre sono più corte
Paola Tassinari alias Teoderica